Enrico Cogno, Jazz inchiesta: Italia.
Il jazz negli anni '70, Arcana Jazz, 2015 (238 pp., € 22)
Jazz inchiesta: Italia uscì per la
prima volta nel 1971. Da allora, il testo è stato spesso citato e
raramente letto, per il semplice fatto che era diventato introvabile.
Bene hanno fatto Roberto Arcuri, curatore, e Vincenzo Martorella,
direttore editoriale di Arcana, a caldeggiarne la riedizione.
Il libro è esattamente ciò che il
titolo promette: una vasta inchiesta tra musicisti, critici, pubblico
e persino gente comune, su un tema che allora era nuovissimo: qual è
lo stato del jazz italiano? Cogno si propose di essere “non
giudice, ma testimone” e di riportare quanto registrato nella
maniera più fedele possibile; sua intenzione era anche di creare un
testo agile, scorrevole, che si leggesse “come una jam session”.
E così è.
Il libro è prezioso perché
restituisce l'aria del tempo a chi, come me, non l'ha vissuta. Fa
impressione, ad esempio, sentir parlare di Franco D'Andrea – allora
trentenne – come di una “nuova leva” o una “speranza futura”
del jazz nostrano; oppure confrontare i toni trionfalistici di certa
stampa odierna con il panorama desolato dei critici dell'epoca (siamo
in anni pre-mega festival, pre-Umbria Jazz, pre-etichette
indipendenti, eccetera eccetera); o veder trattare come oggetti di
polemica dischi e musicisti ormai archiviati dalla storia.
Ulteriormente preziosa la curatela di
Arcuri. Innanzi tutto, c'è una densa postfazione che contestualizza
il libro nel clima artistico, culturale e sociale di quegli anni. C'è
un florilegio di recensioni, nelle quali si vedono illustri nomi
della nostra critica jazz (Polillo, Fayenz, Candini, Maletto)
confrontarsi con le dirompenti novità del free e del jazz-rock. C'è una polemica epistolare tra Cogno e una lettrice di Musica Jazz. E
c'è una discografia di quanto inciso in Italia tra il 1966 e il
1971: sessantaquattro dischi in tutto (ossia, più o meno quelli che
oggi arrivano al mio giornale in un paio di settimane). Dischi,
ahimé, oggi per la maggior parte introvabili perché mai più
riediti: e questa è una piaga dolorosa, che prima o poi bisognerà
trovare il modo di sanare.
Grazie Sergio,
RispondiEliminaonorato di conoscere il tuo punto di vista!
Per quanto riguarda la piaga, io non ho la cura, giusto un po' di antidolorificoblog...
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