lunedì 31 ottobre 2016

come d'arbor cadendo un picciol pomo

Gli uomini sono esseri simbolici. Cercano nelle cose un senso, che va oltre la contingenza immediata.
Ciò è vero sempre, per i credenti come per i non credenti, per i colti come per gli analfabeti. Togli a un uomo il senso e otterrai un bruto, una macchina, come avevano ben capito i nazisti ad Auschwitz.
La ragione ci dice che un terremoto è un movimento di faglie tettoniche, un cadavere è un organismo in cui sono cessate le funzioni biologiche e una basilica crollata è un ammasso di pietre che ha cambiato conformazione geometrica.
Però non possiamo fare a meno di pensare che un terremoto sia una forza oscura e minacciosa, che un cadavere sia anche la persona viva che era fino a poco prima e che un'antica chiesa distrutta sia un pezzettino di ordine e bellezza (o, se si è credenti, un monumento eretto a maggior gloria di Dio) riconsegnato al caos, una permanenza del passato cancellata.

Ci pensavo perché, da un lato, provo sollievo al sapere che queste ultime scosse di terremoto abbiano causato solo danni materiali e nessuna vittima. Dall'altro lato, vedere il paesaggio devastato, le chiese pencolanti, le case a brandelli mi mette profonda tristezza.
Ci pensavo soprattutto vedendo l'abbazia di Sant'Eutizio a Preci - luogo a cui mi legano parecchie memorie - ferita, con il rosone sfondato da un tronco d'albero e i muri invasi dalla terra.
Si può ricostruire, ma ciò che è perduto è perduto.

giovedì 27 ottobre 2016

con lieve moto

"...A queste piagge
Venga colui che d'esaltar con lode
Il nostro stato ha in uso, e vegga quanto
È il gener nostro in cura
All'amante natura. E la possanza
Qui con giusta misura
Anco estimar potrà dell'uman seme,
Cui la dura nutrice, ov'ei men teme,
Con lieve moto in un momento annulla
In parte, e può con moti
Poco men lievi ancor subitamente
Annichilare in tutto..."

martedì 25 ottobre 2016

che cos'è la musica?

È vero, amica, tutto cancellato
qualcosa resta. Le dita toccano
all'unisono corde, nell'invisibile.
I ricordi, i desideri le destano.

Che cos'è la musica? L'imminenza
di quest'isola che è e non esiste.
La non-trovabile, errante nello spirito,
e all'improvviso apparsa, quasi a riva.

Ella dice: sono il vostro altro mondo,
tutta la notte avrò cura di voi,
all'alba, nuda, andrò di stanza in stanza.

Io sono, io non sono. Dal non essere
fiorisce che io resti accanti a voi.
Voi dormirete: io sono in voi, io veglio.

* * *

Et c'est vrai, mon amie, quand tout s'efface
Quelque chose demeure. Nos doigts touchent
Conjointemente des cordes, dans l'invisible.
Nos souvenirs, nos désirs les éveillent.

Qu'est-ce que la musique? L'imminence
De cette île que est et n'existe pas.
La non-trouvable, errante dans l'esprit,
Et soudain l'aperçue, presque la rive.

Elle nous dit, je suis votre autre monde,
Je prenderai soin de vous toute la nuit,
À l'aube j'irai nue de salle en salle.

Je suis, je ne suis pas. De ne pas être
Fleurit que je demeure auprès de vous.
Vous dormirez, je suis en vous, je veille.

Yves Bonnefoy


da “Ensemble ancore suivi de Perambulans in noctem”, 
Mercure de France, Paris, 2016

(traduzione mia)

lunedì 24 ottobre 2016

bestiario

La marmotta

Dormire, dormire nel chiuso del covo
per ridestarmi, consunta, da una morte
così sospesa e così dolce,
al primo soffio di primavera!
È nuovo il mondo, allora;
ma ripete i ricordi di passate stagioni:
(sole che offende gli occhi, cibo ottenuto
per caccia paziente).
Vengono cauti e feroci i maschi;
più tardi partorisco i figli inermi
e l'istruisco a vivermi lontano.
Il grasso fa lucente il pelo smorto;
però mai basta all'intimo comando
di più indossarne pel nuovo letargo.
Ecco: è già tempo. Si annunciano le nevi.
Scòstati. Voglio chiudere la tana.
Tu guardi i vetrici già rossi sul greto
e mesto mi sorridi e abbrividisci...
ma che accade di voi, mentr'io dormo?

* * *

L'asino

Calura e mosche intorno a te,
mentre il padrone contratta o beve.
Ma ecco l'evasione del tuo grido
che si sprigiona dalle mille pelli
di un mantice rotto di pena
nella piazza dell'erbe
e spazza l'aria d'ilarità.
Sei fermo tra gli orecchi, gli occhi fissi
alla cavalla baia. Il carrettino
proietta l'ombra di una nuova stanga.


Arturo Loria (1902 - 1957)
(da "Bestiario", 1959)

domenica 23 ottobre 2016

piccolo infinito_una poesia (erotica) di Pablo Neruda

Sonetto XII

Donna completa, mela carnale, luna calda,
denso aroma d’alghe, fango e luce pestati,
quale oscura chiarità s’apre tra le tue colonne?
Quale antica notte tocca l’uomo con i suoi sensi?

Ahi, amare è un viaggio con acqua e con stelle,
con aria soffocata e brusche tempeste di farina:
amare è un combattimento di lampi
e due corpi da un solo miele sconfitti.

Bacio a bacio percorro il tuo piccolo infinito,
i tuoi margini, i tuoi fiumi, i tuoi villaggi minuscoli,
e il fuoco genitale trasformato in delizia

corre per i sottili cammini del sangue
fino a precipitarsi come un garofano notturno,
fino a essere e non essere che un lampo nell’ombra.


* * *

Plena mujer, manzana carnal, luna caliente,
espeso aroma de algas, lodo y luz machacados,
qué oscura claridad se abre entre tus columnas?
Qué antigua noche el hombre toca con sus sentidos?

Ay, amar es un viaje con agua y con estrellas,
con aire ahogado y bruscas tempestades de harina:
amar es un combate de relámpagos
y dos cuerpos por una sola miel derrotados.

Beso a beso recorro tu pequeño infinito,
tus márgenes, tus ríos, tus pueblos diminutos,
y el fuego genital transformado en delicia

corre por los delgados caminos de la sangre
hasta precipitarse como un clavel nocturno,
hasta ser y no ser sino un rayo en la sombra.


Pablo Neruda
(da "Cento sonetti d'amore")

venerdì 21 ottobre 2016

cinque poesie di Luis Alberto de Cuenca

La colazione

Mi piaci quando dici una sciocchezza,
quando combini un guaio, quando menti,
quando vai a fare shopping con tua madre
e arrivo tardi al cinema per colpa tua.
Mi piaci di più quand'è il mio compleanno
e mi copri di baci e di torte
o quando sei felice e lo si vede,
o quando riesci a condensare tutto
in una frase geniale, o quando ridi
(la tua risata è una docca nell'inferno)
o mi perdoni una dimenticanza.
Però mi piaci anche di più, tanto che quasi
non so resistere da quanto mi piaci,
quando, piena di vita, ti risvegli
e come prima cosa mi sussurri:
“Ho una fame feroce stamattina.
Inizierò con te la colazione”.

* * *

Nausicaa

Il mare di Omero ride per te,
che ti appoggi nuda al parapetto
in cerca d'aria fresca, con la coppa
di nettare in mano, mentre d'intorno
vanno e vengono gli ospiti alla festa
che hai dato nel palazzo di tuo madre.
L'aria pura inonda i tuoi polmoni
e il nettare ti sale alla testa
ed ecco arrivare alla terrazza
l'uomo della tua vita. Unisce in sé
nobilmente la forza e la sapienza.
Ulisse è il suo nome. Tu non ignori
che non si tratterà. Già tante volte
sognasti il suo disprezzo... Tuttavia,
lo scintillare dei tuoi occhi insinua:
“Non mi sazio di vederti”. E le tue orecchie
reclaman: “Parlami, dammi parole
per vivere”. E con il sesso dici:
“Padrone fai di me ciò che ti piace”.
Tutto è abbandono in te, dolce Nausicaa.
Ma lui è annoiato dalla festa,
perso dietro al ricordo della patria,
e non considera te, né quel tuo corpo
di dea crivellato di messaggi
che non arriveranno mai a destinazione.

* * *

Elena: Palinodia

No, non è vera, amore, quella storia.
Non arrivò a sedurti quel demente
dai ricci profumati. Non fuggisti
precipitosamente dalla festa
del nostro anniversario, con lo sguardo
inchiodato sul pacco ch'emergeva
tra le sue gambe, e le narici sature
di droga. Non salisti a bordo
del suo lussuoso yacht con quanto avevi
indosso (quasi niente), mentre io
ti cercavo per strada come un pazzo,
temendo che ti fosse successo chissà cosa.
Non sei scomparsa dalla mia vita
come una meteora e per sempre.
Non può essere vera quella storia.

* * *

Bèvitela

Di' cose belle alla tua fidanzata:
“Hai un corpo da clessidra
e un'anima da film di Hawks”.
Diglielo a voce bassa, le tue labbra
attaccate al suo orecchio, e che nessuno
possa ascoltare ciò che stai dicendo
(ossia che le sue gambe sono razzi
diretti verso il centro della terra,
o che i suoi seni sono il nascondiglio
di un gambero di mare, o che la sua schiena
è argento vivo). E quando si convince
e inizia a sciogliersi tra le tue braccia,
non indugiare un attimo:
bèvitela

* * *

La notte madrilena

Ricordi nella notte madrilena, in agosto,
quanto tutti erano via per le vacanze,
e non c'erano messaggi nella segreteria
né lettere da parte di nessuno (neppure
opuscoli pubblicitari), e il calore invadeva
la tua casa come un germe di cancro incurabile
(ancora non avevi l'aria condizionata),
e lei viaggiava con un altro al sud o al nord
(non ti ha mai detto dove), e tutt'a un tratto uscivi
a camminare, senza meta, per le vie deserte
con voglia di morire, pensando che la vita
era un racconto di Kafka o di Edgar Allan Poe
(almeno), ed ecco, senza sapere come,
vedevi oltre i negozi chiusi e i bar
uno spettro di luce che ti veniva incontro
e, una volta vicino, ti diceva: “Ragazzo,
sono il tuo angelo custode. Dio vuole che ti dica
che t'invidia: tu solo, e Madrid, e in agosto,
senza morosa e senza amici, con il caldo e senza lettere,
non dovresti ringraziare il Re dei Re
per tanta fortuna tutta insieme?”, e scompariva,
e appariva di nuovo la notte seguente,
dicendoti le stesse cose, e tu eri sul punto
di morire dal ridere, e una volta di più la notte
madrilena riusciva a liberare il tuo cervello
da stupide ansietà.


Luis Alberto de Cuenca (Madrid, 1950)
da “Senza paura né speranza”, 2002

Traduzioni di Stefano Belardinelli
da Poesia, XXIX, 317, Luglio/Agosto 2016

mercoledì 19 ottobre 2016

una poesia di Kuno Raeber

Cicala

Un giorno resterà
di me solo la voce.
Per tutte le stanze
mi cercherai,
per le scale, per i lunghi
corridoi, nei giardini,
mi cercherai in cantina,
mi cercherai sotto le scale.
Un giorno mi cercherai.
E ovunque sentirai la mia voce
soltanto, la mia alta monotona
voce che canta. Ovunque
ti raggiungerà, ovunque
ti befferà, in tutte
le stanze, per le scale, per i lunghi
corridoi, nei giardini, in cantina,
sotto le scale. Un giorno
mi cercherai. Un giorno
resterà di me solo la voce

Kuno Raeber
traduzione mia

lunedì 17 ottobre 2016

diamanti e ruggine

Onestamente non ho mai apprezzato molto Joan Baez, ma questa canzone, se non sbaglio, me la fece scoprire Antonio sul suo blog e mi è tornata in mente non so perché, un po' per il Nobel a Dylan, un po' perché in questo periodo, per altri motivi, ho a che fare con cuori infranti.
È dedicata proprio a Dylan, con il quale - com'è noto - la Baez ebbe una relazione all'inizio delle rispettive carriere, ed è una riflessione amara e disincantata su un amore finito.



Beh chi se l'aspettava
Ecco che torna il tuo fantasma
Ma non c'è niente di strano
È solo che c'è la luna piena
E ti è venuto in mente di chiamare
E io sto seduta qui
Con la mano sul telefono
Ad ascoltare una voce che ho conosciuto
Un paio d'anni luce fa
Mentre andavo dritta verso il precipizio

Mi
ricordo che i tuoi occhi
Erano più azzurri delle uova di pettirosso
La mia poesia faceva schifo dicevi
Da dove chiami?
Una cabina telefonica nel Midwest
Dieci anni fa
Ti ho comprato dei gemelli da camicia
Tu mi hai portato qualcosa
Sappiamo entrambi che cosa portano i ricordi
Portano diamanti e ruggine

Beh sei esploso sulla scena
Già una leggenda
Il fenomeno sudicio
Il vagabondo originale
Ti sei smarrito nelle mie braccia
E ci sei rimasto
In naufragio temporaneo
La Madonna era tua gratis
Sì la ragazza sulla mezza conchiglia
Ti avrebbe tenuto al sicuro

Ora ti vedo stare lì
Con le foglie secche che ti cadono intorno
E la neve nei capelli
Ora sorridi dalla finestra
Di quell'hotel da quattro soldi
A Washington Square
Il nostro fiato viene fuori in nuvolette bianche
Si mescola e rimane sospeso nell'aria
Parlo a titolo personale
Avremmo potuto morire entrambi lì in quel momento

Adesso mi dici
Che non provi nostalgia
E allora trovami un'altra parola per definirla
Tu che sei tanto bravo con le parole
E a tenerti sul vago
Perché adesso mi servirebbe un po' di quella vaghezza
Mi è tornato in mente tutto troppo chiaramente
Sì ti ho amato con tutto il cuore
E se mi offri diamanti e ruggine
Ho già pagato

sabato 15 ottobre 2016

contro la malinconia_di Warsan Shire

Warsan vs Malinconia
(I sette stadi dello stare soli)

* * *

l'insostenibile peso del restare (la fine della relazione)

non so quando l'amore è diventato sfuggente
ma so che non conosco nessuno che ce l'abbia
le braccia di mio padre attorno al collo di mia madre
frutto troppo maturo da mangiare, una porta mezza aperta
quando il tuo nome è solo una mano che non posso tenere
tutto ciò in cui ho sempre creduto diventa magia

penso agli amanti come a degli alberi, che crescono
da e verso l'un l'altro in cerca della stessa luce,
la risata di mia madre nella stanza buia,
una foto che ingrigisce al mio tocco,
è tutto ciò che so fare, portare in giro la perdita finché
comincio a somigliare a tutti i brutti ricordi,
tutte le terribili paure,
tutti gli incubi che ognuno abbia mai avuto.

ti chiedo mi hai mai amato?
mi dici certo, certo talmente in fretta
che mi sembri qualcun altro
ti chiedo sei fatto d'acciaio? sei fatto di ferro?
tu urli al telefono, mi fa male lo stomaco

ti lascio andare, ho bisogno di qualcuno che sa come restare.

* * *

cara luna (la distrazione)

ti incolpiamo per le piene
i flussi di sangue
gli uomini che sono anche lupi
e anche se potresti tirare
la marea per i capelli
diciamo alla gente che ti abbiamo
camminato sopra
ti incolpiamo per la notte
il buio
i fantasmi
cosa fredda e inimmaginabile
che ci segui a casa,
ti usiamo
per vederci l'un l'altro i fragili
corpi nudi sotto la tua luce azzurra,
ti lasciamo guardare; tu
gonfia contro il vetro
soffia un'alone di vapore
mentre andiamo l'uno contro l'altro
umidi disperati
come pesci sotto
un cielo allagato.

* * *

come portare il rossetto di tua madre (la disperazione)

devi portarlo come lei porta sulla faccia la delusione
devi nascondere la sorpresa di assaggiare altri uomini sulle labbra
tua madre è una donna e le donne come lei non si possono contenere.

trovi il tubo nero nel suo beauty case, dove tiene
le vecchie lettere di tuo padre dal carcere,
vuoi disperatamente somigliarle
bellezza da cinema, ti tieni una mano contro la gola
tua madre era bellissima quand'era stesa sul pavimento
mezza nuda e sanguinante.

vai in bagno a mettere il rossetto,
un posto in cui nessuno ti trovi
i tuoi denti appaiono fragili contro quel rosso profondo scivoloso
sorridi come un neonato, la tua bocca è una ferita
non somigli affatto a tua madre
sei identica a tua madre.

chiami il tuo ex fidanzato, siedi sul water e ascolti
il telefono che squilla, quando risponde dici lentamente il suo nome
lui dice pensavo di averti detto di smettere di chiamarmi
ti lecchi le labbra, hai il sapore d'anni di solitudine.

* * *

domande per la donna che ero ieri sera (la conversazione onesta)

quanto sei andata lontano per uomini che non hanno mai tenuto in grembo i tuoi piedi?
quanto spesso hai barattato ossa, solo per farti disprezzare?
perché sei così attratta da ciò che non puoi avere?
da dov'è iniziato?
che cos'è andato male?
e chi ti ha fatto sentire così inutile?
se ti volevano, perché non ti hanno scelta?
tutto questo tempo, hai mendicato amore in silenzio, pensando che non ti sentissero, ma te lo annusavano addosso,
avresti dovuto saperlo che ti assaggiavano la disperazione sulla pelle
e quegli altri che avrebbero fatto di tutto per te, perché hai fatto sì che ti amassero finché non ne potevi più?
come mai sei entrambe queste donne, quella volubile e quella indispensabile?
dove l'hai imparato, a volere ciò che non ti vuole?
dove l'hai imparato, a lasciare quelli che vogliono restare?

* * *

penso di aver capito che cosa abbiamo sbagliato (la consapevolezza)

ci amavamo come due
che non conoscevano dio.
(come se non avessimo usato
ogni preghiera
ogni sura
ogni ayah
per chiedere a dio
qualcosa del genere)
subhanallah,
che vergogna.

* * *

per le donne difficili da amare (l'affermazione)

sei un cavallo che corre da solo
e lui cerca di domarti
ti paragona a un’autostrada impossibile
a una casa in fiamme
dice che lo accechi
che non può lasciarti
dimenticarti
volere altro se non te
gli dai le vertigini, sei insopportabile
ogni donna prima o dopo di te
è inzuppata del tuo nome
gli riempi la bocca
i denti gli dolgono con memorie di sapori
il suo corpo una lunga ombra in cerca del tuo
ma tu sei sempre troppo intensa
spaventosa nel modo in cui lo desideri
spudorata e sacrificale
ti dice che nessun uomo può essere all’altezza di quello
che abita nella tua testa
e tu hai cercato di cambiare vero?
sei stata più a bocca chiusa
hai cercato di essere più dolce
più carina
meno irascibile, meno sveglia
ma anche nel sonno sentivi
che nei suoi sogni si allontanava da te
e che cosa volevi fare amore
aprirgli la testa?
non puoi trasformare un essere umano in casa
avrebbero dovuto averti già avvertito
e se vuole andarsene
lascialo andare
sei spaventosa
e strana e bella
qualcosa che non tutti sanno come amare.

* * *

(la preghiera)

ya allah,
se manterrà soffice il mio cuore,
spezza il mio cuore ogni giorno.


(traduzioni mie)


Qui i testi originali...

...e qui le poesie recitate dall'autrice. 



(per Ele,
perché ritorni presto 
a sorridere)

martedì 11 ottobre 2016

Γυναίκα στο λαβύρινθο

C'è una donna che cammina.
Io la guardo.
Sono abituato a vederla incedere, facendo leva sulle caviglie con energia imperiosa.
Ora invece avanza a piedi nudi su un terreno di scisti, che ad ogni passo le lacerano la pelle. Si lascia dietro un alfabeto di gocce colo rosso vivo, che in lontananza si fanno brune, quasi avesse seminato una scia di foglie autunnali.
Io la guardo, ma non posso parlarle. Non sento la sua voce, ormai da mesi, da anni; eppure so che mi vede. Sa che sono lì e che la sto guardando.
Ogni tanto si porta una mano al petto e stringe, fino a farlo scricchiolare. Allora si vede, sotto la pelle resa diafana dalla stretta, il cuore.
Io allungo la mano ma, per quanto le arrivi vicino, non riesco a sfiorarla. Resta una cuticola d'aria fra le mie dita e il suo cuore; aria dura e acuminata, come fatta di galaverna.
Ma io so che le vede la mia mano, a pochi centimetri dalle sue costole. E sorride, come se davvero l'avessi accarezzata.
Non è solo il terreno a farla sanguinare. Sono, tutto attorno, pareti di spine che le si serrano addosso, le lacerano i palmi mentre cerca di spingerle via, le strozzano il respiro in un pianto che non trova mai la via della gola.
Ora mi guarda, dritto negli occhi. E i suoi occhi sono enormi, nerissimi, sono due schegge d'ossidiana che conservano, incastonati, la luce e il calore di antichissimi vulcani.
Io non le posso parlare; ma se potessi, le direi che è bella. Che il suo cuore è un boccone di pane e il suo sorriso una mandorla.
Se potessi toccarla, la avvolgerei in una coperta di parole, le presterei le braccia per difenderla, le insegnerei a coltivare la felicità come una foglia di basilico.
Il suo corpo è uno stelo ancora verde, la sua voce le brilla tra i denti come mica.
Ma continua ad affondare le dita, finché la pelle cede e il cuore smete, solo per un attimo, di battere.
Il suo grido allora è il mio grido; e sono entrambi muti. Il dolore la circonda come un volto improvvio di uccelli spaventati.
Io lo raccolgo sulle mani e annuso il suo odore di piume e d'acqua salata.
Io porto alla bocca il suo dolore e lo accetto come un'ostia.

martedì 4 ottobre 2016

aggiornamento

A quanto pare, al concorso Guido Gozzano hanno ritenuto che la mia poesia si meritasse il primo premio, sezione C.
Beh, son contento.
Qui tutti i risultati.

lunedì 3 ottobre 2016

doppia segnalazione

Sabato 9 ottobre, ore 20:30, presso lo Spazio Alda Merini in via Magolfa, 32, a Milano, si terrà la premiazione del concorso intitolato alla poetessa milanese.
Ci sarò anch'io, che mi sono piazzato a un onorevole secondo posto (su oltre 200 partecipanti).





Approfitto per segnalare a chi mi vuol bene che sono anche in finale per il concorso Guido Gozzano, sezione poesia inedita. I risultati definitivi usciranno questa settimana. Incrociamo le dita...

domenica 2 ottobre 2016

poesie per un'amica lontana - 10

Sei tu quest'attimo che non si muove
questa strada sorpresa nel suo farsi
avremmo riso per smarrire il fiato
se solo il trivio avesse avuto uscite
eri tu la sorella
la compagna dei giochi
eri tu che correvi in mezzo ai corpi
ora sei ferma prima
che il verso si completi
ho mancato la fine del tuo sguardo
la tua voce raddoppiata nell'eco
tu non puoi immaginare quante cose
restino mute e questa
è la bellezza il giusto
compiersi dell'affetto.

sabato 1 ottobre 2016

uva

Fa tutto parte del sapore
lo strappo dell'acino
lo squarcio la penetrazione
l'aspro tannino della pelle lacerata
il vinacciolo incastrato al molare
e solo alla fine il sangue
e la carne l'ostia dolcissima.