lunedì 15 febbraio 2016

Giuseppe Ungaretti: due poesie d'amore e di fiori

Giugno

Quando
mi morirà
questa notte
e come un altro
potrò guardarla
e mi addormenterò
al fruscio
delle onde
che finiscono
di avvoltolarsi
alla cinta di gaggie
della mia casa

Quando mi risveglierò
nel tuo corpo
che si modula
come la voce dell'usignolo

Si estenua
come il colore
rilucente
del grano maturo

Nella trasparenza
dell'acqua
l'oro velino
della tua pelle
si brinerà di moro

Librata
dalle lastre
squillanti
dell'aria sarai
come una
pantera

Ai tagli
mobili
dell'ombra
ti sfoglierai

Ruggendo
muta in
quella polvere
mi soffocherai

Poi
socchiuderai le palpebre

Vedremo il nostro amore reclinarsi
come sera

Poi vedrò
rasserenato
nell'orizzonte di bitume

delle tue iridi morirmi
le pupille

Ora
il sereno è chiuso
come
a quest'ora
nel mio paese d'Affrica
i gelsumini

Ho perso il sonno

Oscillo
al canto d'una strada
come una lucciola

Mi morirà
questa notte?

(Campolongo, il 5 luglio 1917)

* * *

Fase

Cammina cammina
ho ritrovato
il pozzo d'amore

Nell'occhio
di mill'una notte
ho riposato

Agli abbandonati giardini
ella approdava
come una colomba

Fra l'aria
del meriggio
ch'era uno svenimento
le ho colto
arance e gelsumini

(Mariano, il 25 giugno 1916)
 
 

(da "Il porto sepolto", ne "L'allegria")

sabato 13 febbraio 2016

lampi - numero... (ho perso il conto)

Dovevo essere giovane finché ero in tempo.

giovedì 11 febbraio 2016

cronache scolastiche: collegamenti inquietanti

- Dunque, i poeti barocchi trattano spesso temi estranei alla tradizione poetica. Questa poesia di Ciro di Pers, ad esempio, parla del "mal della pietra"... Sapete che cos'è il "mal della pietra"?
- Il pene?

mercoledì 10 febbraio 2016

meditazione

Di questo centopiedi (Scutigera coleoptrata), fermo da sette minuti sul muro davanti a me, non mi inquieta tanto l'alienità della forma.
Certo, ci sono quelle lunghissime appendici ciliate che gli danno un aspetto da protozoo o da palpebra chiusa: le zampe insomma (non cento, ovviamente, direi una dozzina di paia), che si agitano inquiete, più per esplorare lo spazio che non per generare moto; c'è quel corpo a doppia simmetria bilaterale, a cui fatico ad assegnare un verso (quale la testa? quale la coda? presumo la testa sia quella da cui partono le antenne); c'è la superficie metamerica del dorso, di un arido color grigio-cenere striato di giallo sporco.
Ma ciò che davvero mi inquieta è la sua totale, spietata atelicità.
Prima era immobile, al centro di una parete bianca, ora si è avviato in linea retta, ha percorso circa dieci centimetri e si è fermato, in un punto altrettanto liscio e vuoto quanto quello da cui era partito. E rimane lì, con un'antenna che oscilla da destra a sinistra, in cerca di chissà che cosa, di un segnale da trasmettere, uno stimolo a reagire.

lunedì 8 febbraio 2016

partner strategici

Cito dalla Repubblica di oggi, pag. 10:
Le lesioni sul corpo di Giulio [Regeni] (compresa quella letale al midollo spinale con la frattura di una vertebra cervicale) provano che l'omicidio ha una mano e un movente politici. (...) Nella loro raggelante crudeltà, le sevizie infllitte al ragazzo hanno un inequivocabile format dell'orrore. Proprio degli interrogatori che le polizie segrete riservano a coloro che sono vengono ritenuti 'spie', come nel caso di Giulio. (...)
A Giulio Regeni sono state strappate le unghie delle dita e dei piedi. Sono state fratturate sistematicamente le falangi, lasciando tuttavia intatti gli arti inferiori e superiori. E' stato mutilato un orecchio. (...) I boia hanno infierito su un inerme. Lo hanno appunto lavorato alle mani, ai piedi e quindi al tronco. Colpendolo ripetutamente al torace, alle costole, alla schiena (...).
Anche il colpo di grazia ha le stimmate degli interrogatori da 'squadroni della morte'. Chi era di fronte a Giulio, in quel frangente probabilmente seduto o legato su una sedia, gli ha afferrato la testa facendola ruotare repentinamente di lato oltre il punto di resistenza.

Cito sempre dalla Repubblica di oggi, pag. 11:
Il ministro degli Esteri: (...) Non abbiamo inviato un pool di investigatori al Cairo per mettere qualcuno sotto tutela ma perché lavorando insieme possiamo scoprire prima la verità. (...)
Noi abbiamo chiesto e ottenuto che al Cairo funzionari investigativi del Ros e della polizia possano partecipare alle indagini egiziane. (...) L'Egitto è un nostro partner strategico e ha un ruolo fondamentale per la stabilizzazione della regione.

Ancora a pag. 10 dello stesso giornale (trafiletto in basso), intervista a Mohamed Sultan, oppositore politico sottoposto a tortura nelle carceri egiziane (e salvatosi solo perché in possesso di passaporto americano):

In base alla sua esperienza, la storia di Giulio avrebbe potuto finire in maniera diversa se ci fosse stata una mobilitazione immediata [del governo italiano]?
Senza dubbio alcuno le rispondo di sì. Io non capisco chi tratta il governo egiziano come se fosse uno stato in cui esiste la legge: in quelle carceri ci sono dei selvaggi che commettono impunemente ogni tipo di violenza.

sabato 6 febbraio 2016

frammenti di un monologo

Non tornarmi in mente, ti prego. Ho bisogno di dimenticarti.
Non farlo più.
Il tuo ricordo mi interrompe durante attività indispensabili. Mi impedisce di contare gli spiccioli del resto, di sorvegliare la cottura della pasta.
Oggi dovevo scrivere duemilacinquecento battute e invece ho perso tempo a schizzare un tuo ritratto, perché il lato interno dell’occhio si rifiutava di assumere la giusta curvatura, dico quell’angolo che piega prima in basso e poi subito verso l’alto, e che è così importante riuscire a disegnare con precisione perché tu sia tu.
Non visitarmi. O almeno chiedimi il permesso.
Mi provochi sogni collosi, materia zuccherina che non va mai via del tutto e scrocchia quando per sbaglio ci passo sopra.
Mi fai fare tardi agli appuntamenti. Sento il tuo odore dove non sei mai stata né mai potresti essere.
Non avevo pensato a te per cinque giorni almeno. Era stata una settimana di tranquilla disperazione, in cui uscivo a guardare il sole delle sei e mezzo tracciare attraverso la strada ombre nitide e del tutto soddisfacenti.
Anche adesso, che cosa ci faccio qui a scriverti? Tu non risponderai mai a questa lettera che io mai ti spedirò, come non rispondevi agli abbracci e alle poesie, e la tua gabbia toracica così stretta e fragile sembrava sempre tendere in direzione contraria, non c’erano muscoli che valessero, la tua era assenza anche quando c’eri, un vuoto solido, un campo carico di polarità repulsive.
Quella che sento pungere è la galla in cui tu stessa ti sei racchiusa, quella su cui per settimane, per mesi mi sono sbucciato le nocche.

venerdì 5 febbraio 2016

sotto il cielo di Capitanata


Essere deraciné, a volte, ha anche i suoi vantaggi.
I più attenti, fra i miei ventiquattro lettori, ricorderanno che, un paio d'anni fa, venni inserito (in virtù della mia peruginità d'adozione) in un'antologia di Poeti umbri contemporanei.
Ora esce, a cura di Canio Mancuso e Raffaele Niro, un numero monografico della rivista Quaderni dell'Orsa, intitolato "Sotto il più largo cielo del mondo. Trenta poeti dauni". Riunisce una scelta di voci poetiche nate fra il Gargano, il Tavoliere e il Subappennino. 
I curatori hanno voluto generosamente includere, fra cotanto senno, anche il vostro blogger. Che così può tornare, almeno in forma di parole stampate, sotto il cielo natìo da lungo tempo abbandonato.
Il volume comprende anche un contributo dell'amico Antonio Lillo, che parla della mia poesia.

Presentazione in anteprima giovedì 11 febbraio alle ore 19, presso l’Associazione Culturale Provo.Cult, in via San Nicola n. 14 a San Giovanni Rotondo (FG).

giovedì 4 febbraio 2016

presentazione

San Severo (FG), Caffè Tra Le Righe, 29 gennaio 2016


con il direttore artistico Antonio Tarantino


strimpellando in solitudine...



rassegna stampa




martedì 2 febbraio 2016

petite prose en jaune



Gente cammina in riva al mare, un pomeriggio di gennaio.
Due ragazze al binario accolgono un'amica con lunghe grida e sbattere di tacchi.
Ho salutato G., che è minuscola a quarant'anni come lo era a sedici.
Questo rimane, tolte le parole.
Credevo, scalcando, di trovare le ossa, anche solo una capriata contro il cielo pulito.
Invece tutto sta su per miracolo. Per forza d'invenzione.
Tutto è e non è. Quanto più lenti i legami, più densa l'aria. Il muro conserva qualcosa delle voci.
Che ne dici di gettarci con gioia, il petto steso all'inevitabile? Nessuno offre garanzie, solo impegni a scadenza, brevi pause fra un sonno e l'altro.