domenica 30 novembre 2014

cronache familiari: piani quinquennali

- Voi dove pensate di mandare Elena alle medie?
- Mah, non so, non ci abbiamo ancora pensato...
- Noi per Maria Lavinia pensavamo la scuola XY, che è tanto buona, dicono.
- Sì, certo, o forse anche la YZ, che è vicina a casa. Comunque pensavamo anche di vedere dove vanno i suoi amici, così magari ne ritrova qualcuno.
- Eh, sì, certo. Ma noi pensavamo alla XY perché la scuola media è tanto importante, per mandarla poi al liceo...

(Per la cronaca, 'sta povera figlia ha sette anni e fa la seconda elementare. Un futuro già pianificato...)

di questa notte

di questa notte raccolta sotto i piedi
trattengo a me la forma meno dolorosa della tua assenza
raccontami del bottone succhiato -
nel gesticolare apparenza
fabbricando poesia
nella forma aperta delle tue braccia
dove si fa spazio l’ansa ripetuta delle tue pupille
mentre diventiamo – perfettamente condivisi


sabato 29 novembre 2014

cronache familiari: Nuova Filarmonica Perugina

Papà - flauto, ocarina, maracas;
Eli - melodica;
Lorenzo - direzione.

* * *

Programma della matinée:

1) "Fra Martino campanaro" (anonimo, trad.);
2) "Piccettino" (composizione originale di Lorenzo);
3) e basta.



"Piccettino", full score

venerdì 28 novembre 2014

cronache scolastiche: de grazia

- Ragazzi, attenzione a come chiudete le tende perché potrebbero venire giù.
- Prof, dentro 'sta scola, de grazia che 'nce vien giù 'l tetto!

giovedì 27 novembre 2014

Patrick Modiano, appunti di lettura

Quasi le undici di sera. Quando si trovava da solo a casa, a quell'ora, si sentiva spesso arrivare quel che si chiama “un magone”. Allora, se ne andava in un caffè dei paraggi, aperto fino a tardi. La luce viva, il brusio, l'andirivieni, le conversazioni a cui aveva l'illusione di partecipare, tutto ciò gli faceva superare, poco a poco, la sua depressione. Ma dopo un po' non aveva più bisogno di quell'espediente. Gli bastava guardare dalla finestra del suo ufficio l'albero piantato nel cortile dell'edificio accanto, che conservava il fogliame ben più tardi degli altri, fino a novembre. Gli avevano detto che era un carpine, o un pioppo, non si ricordava più. Rimpiangeva tutti gli anni perduti, nei quali non aveva fatto gran caso agli alberi né ai fiori. Lui, che non leggeva più altri libri se non la Storia naturale di Buffon, si ricordò bruscamente delle memorie di una filosofa francese. Costei era rimasta sconvolta da ciò che le aveva detto una donna durante la guerra: “Che volete, la guerra non modifica i miei rapporti con un filo d'erba”. Ella riteneva senza dubbio che quella donna fosse frivola o indifferente. Ma per lui, Daragane, la frase aveva un altro senso: nei periodi di cataclisma o di sofferenza morale, non c'era altro mezzo se non cercare un punto fisso per conservare l'equilibrio e non cadere a mare. Lo sguardo si ferma su un filo d'erba, su un albero, sui petali di un fiore, come se ci si aggrappasse a una boa. Quel carpine – o quel pioppo – al di là del vetro della sua finestra lo rassicurava. E benché fossero quasi le undici di sera, era confortato dalla sua presenza silenziosa.

Il brano è tratto da Pour que tu ne te perds pas dans le quartier di Patrick Modiano. La traduzione è mia, perché non credo sia ancora stato tradotto in italiano.
Ho visto il libro esposto in un chiosco alla stazione ferroviaria di Ginevra e l'ho comprato, senza un preciso motivo. Forse perché, come la maggior parte dei lettori non francofoni, non avevo mai sentito nominare Modiano fino a prima del Nobel. Il libro mi sta piacendo (mentre scrivo, sono a pagina 83 su 145).
Il protagonista, Jean Daragane, è un uomo che si è isolato dal mondo e vive nel suo ufficio, senza mai vedere nessuno. Finché un giorno il telefono squilla: è uno sconosciuto che dice di aver ritrovato un'agendina che lui, Daragane, aveva perso mesi prima. Gli chiede un appuntamento per restituirgliela. In realtà, all'appuntamento l'uomo comincia a insistere per avere notizie su un nome menzionato sull'agendina: un nome di cui Daragane non ricorda assolutamente nulla. Da qui partirà una vicenda che lo porterà a scavare nel suo passato, riportando alla luce fatti e persone che credeva sepolti per sempre.
Modiano ha uno stile limpido, lineare, molto gradevole. Di seguito un altro breve estratto (sempre nella mia traduzione).

Aveva scritto quel libro per la sola speranza che lei gli desse un cenno. Scrivere un libro era anche, per lui, lanciare segnali di fumo o messaggi Morse verso certe persone delle quali ignorava che cosa ne fosse stato. Bastava seminare i loro nomi sull'azzardo delle pagine e aspettare che essi infine gli dessero notizie. Ma nel caso di Annie Astrand, non aveva citato il suo nome e si era sforzato di confondere le piste. Ella non poteva riconoscersi in alcuno dei personaggi. Non aveva mai capito come si potesse introdurre in un romanzo un essere che avesse contato per lui. Una volta che fosse scivolato nel romanzo come attraverso uno specchio, era sfuggito per sempre. Non sarebbe mai esistito nella vita reale. Lo si sarebbe ridotto a nulla... Bisognava procedere in maniera più sottile. Così, ne Il Nero d'estate, la sola pagina del libro che potesse attirare l'attenzione di Annie Astrand era la scena in cui la donna e il bambino entrano nella cabina fotografica del viale del Palais. Lui non comprende perché lei lo spinga lì dentro. Lei gli dice di guardare fisso lo schermo e di non muovere la testa. Lei tira la tenda nera. Lui è seduto sullo sgabello. Un lampo lo abbaglia e gli fa chiudere gi occhi. Aspettano che le foto cadano nella fessura. E lui deve ricominciare perché sulle foto ha gli occhi chiusi. Poi, lei l'aveva portato a bere una granatina nel caffè lì vicino. Era andata proprio così. Aveva descritto la scena con esattezza e sapeva che quel passo non corrispondeva al resto del romanzo. Era un pezzo di realtà che aveva fatto passare di sotterfugio, uno di quei messaggi personali che si lanciano nei piccoli annunci dei giornali e che non possono essere decifrati se non da una sola persona.

mercoledì 26 novembre 2014

trois poèmes suisses

Tornando a Ginevra

(stavolta da solo)
non ho potuto farne a meno
– troppo vicina la camera troppo forte
la tentazione – e ho constatato
che in effetti è ancora lì
la forma cava del tuo passaggio
ho provato persino a verificare
anche se agli altri dovevo dare l'impressione
che stessi rimescolando il vuoto
è che tentavo di aggiustarmi
ritrovare l'aderenza
in fondo era lo stesso
ponte la stessa acqua lenta del Rodano
e il refe dei tuoi pensieri aveva lasciato
una traccia fin troppo evidente
(almeno lo era per me)

Ginevra, Pont de la Coulouvrenière

* * *

Tentativo di osservazione

In riva al lago a Neuchâtel
ho cercato a lungo di scrivere una poesia
ho pensato a come rendere la sfumatura
dell'acqua – o meglio quelle
di ogni singola onda – e ancora
il diverso colore di ognuno delle migliaia
di ciottoli che ricoprivano il fondo
anche perché era così trasparente l'acqua
da lasciarmi osservare nei minimi dettagli
i traffici dell'anatra rovesciata
zampe all'aria becco a frugare tra il fango
(era lei chissà perché a interessarmi –
non i gabbiani tra i quali distinguevo
almeno due specie diverse
una più tozza l'altra più minuta – o forse
chi può dirlo era soltanto una differenza
di genere – e nemmeno
il cigno che un po' mi irritava
con le sue linee art noveau il piumaggio
spumoso) nel frattempo
però non smettevo di registrare particolari
i cormorani ritti con le ali aperte
in direzione del sole – o di quel poco
che se ne vedeva attraverso la nebbia –
l'airone con il collo tutto ripiegato
i diversi strati di rosso e di giallo nel fogliame
a Neuchâtel in riva al lago
pensavo tutto questo ma l'aria era fredda
a un certo punto ho deciso di andare via.

Neuchâtel, lungolago

* * *


Fragments d'un discours

Io spero sempre che tu lo sappia
perché tra noi – lo sai – le parole
in genere sono di troppo
però certe volte me lo chiedo
se tu te lo chiedi il motivo
per cui mi fermo così spesso sull'orlo
di una domanda – non finisco
la frase appena iniziata.
È che vorrei avvolgerti stretta certe volte
proteggerti il respiro
ma poi ho sempre un po' paura
è troppo bello lasciare intatte
l'ombra e la luce delle tue palpebre
guardarle brillare.

Ginevra, aeroporto

martedì 25 novembre 2014

lampi - 262



C'è bisogno di poesie cattive. Nessuno scrive mai poesie cattive.
Ma cattive sul serio, non per posa o per maledettismo.
Poesie che non vogliono bene a nessuno. Poesie piene di spigoli e di margini affilati, che se le prendi in mano ti tagli.

lunedì 24 novembre 2014

le mani dell'Eterno

Calda di doccia ascolto
il respiro
che mi solleva lo sterno.

E penso alle mani,
alle mani dell'Eterno.

(Miriam Bruni)

domenica 23 novembre 2014

lampi - 261



La citazione non possiede proprietà osmotiche.

sabato 22 novembre 2014

pioggia e luce



Già disposta a cucchiaio
sciolta ogni tensione
nell'azzurro del grembo
riceverà la pioggia

per questo si è preparata
si è resa lisce le clavicole
si è spalmata di luce
fino ai malleoli

per questo guarda fisso
ciò che non dovrebbe
perché è lei a splendere
a perforare l'ombra.


nell'immagine: Tiziano, Danae del Prado

venerdì 21 novembre 2014

as I lay



C'era tutto quell'abbaiare
intorno alla mia morte
il mio corpo non riusciva
nemmeno a piegare uno stelo

c'era l'afrore delle cosce
il pelo mi graffiava la fronte
proprio mentre morivo
accogliendo il sangue tra le mammelle.

nell'immagine: Piero di Cosimo, La morte di Procri

giovedì 20 novembre 2014

body torque



Ragazzo scegli bene
dove guardare – la verità
è in agguato

il punto di fuga si è perso
al di là della tua testa
nel tramonto luttuoso

nel gemito sospeso
del fanciullo che scopre
l'interno delle cosce

quanto avresti fatto
meglio a terminare la cadenza
adesso e per sempre

sarai escluso dal colloquio
esiliato dalla carne
inchiodato alla torsione.


nell'immagine: Tiziano, Venere e un organista

mercoledì 19 novembre 2014

much ado



Quanto chiasso per nulla
è lei stessa a dirvelo
i suoi piccoli seni divisi
il serpeggiare delle cosce

il suo nudo divora gli sguardi
tutto il resto è rumore di fondo
ingorgo di rette sghembe
il sole trapassa i vetri senza fretta.


nell'immagine: Tintoretto, "Venere, Marte e Vulcano"

lampi - 260



Il punto esclamativo è la fluffer della poesia.

martedì 18 novembre 2014

corsi e ricorsi (1961-2014)

Ma dove stiamo andando col mal di testa la guerra e senza soldi?
oltre il tergicristallo ronzante? denotando una reale
e comune volontà di riscatto? che sciocchezze! (né la folla
di sghimbescio parve notare, tutti compresi nei loro
piedi).

Ora comunque allunga le gambe o accavallale bianche
sbadiglia, guarda nel vetro la paglia che brucia, il fiume
se scorre verdescuro, pensa a qualcosa,
conta i paracarri, fa’ quel che ti pare:

non c’è pericolo che non arriviamo, pazienti godiamoci il viaggio,
godiamoci, non c’è pericolo se ci perdiamo, tanto non si viaggia
(il profilo di un paziente su un carrello attraversando la carestia),
tanto non si arriva, arriveremo: all’ameba, alla mecca, alla mela,
dietro gli uccelli in fuga bassi dalla città minata, dal maltempo.

Lieto fine: cresce (sul concetto di morte non è
necessario alcun chiarimento). cresce nelle tue mani;
elefanti frustano l’aria,
l’orizzonte di gomma arancio,
la terra sommersa nei campi. Non c’è bisogno di crederla
un’associazione fortuita. (Le tue ossa nere, la fontana,
le pinne rilassate, me lo figurano tutto diverso.)

Quei soldati bipedi come corrono guarda appesi alla bufera –
ma cosa ce ne facciamo del pianeta! scompaiono, al diavolo, al bivio.
Gonfio di miele il fazzoletto sul sedile posteriore vuoto
e dopo un’ora ne avevamo abbastanza e continua (non ne usciremo)

fumando e raccontando quand’ero tossicomane può continuare
con queste mani sempre pulite seppellivo disseppellivo i vivi...
E continua fino alla fine del continente (e un poco oltre,
aperti gli occhi dentro l’acqua, attenti all’elica e al crampo,
se non ce la fai non importa tanto meglio non ti bagni non sanguini).

Nanni Balestrini
da Il sasso appeso (Scheiwiller, 1961)

lunedì 17 novembre 2014

lampi -259



In effetti, si potrebbe pensare che i primi quarant'anni della mia vita siano stati dedicati ad accumulare libri da leggere nei successivi quaranta.
(Sono mediamente ottimista)

domenica 16 novembre 2014

cronache familiari: il tempo è relativo

- Papà, quand'è che tonniamo al male?
- L'estate prossima.
- Ah... E quanti minuti ci mancano?

sabato 15 novembre 2014

love thy fate

“Devi amarla in questo attimo.”
(Milo De Angelis, “La corsa dei mantelli”)


Lo vorresti anche tu, lo so: anima mia, compagna d'insonnie.
Che il giorno fosse un prato falciato, un nitido verde irlandese, un saliscendi d'acque e d'ardesia fino al fiume in fiamme. Tu potresti fermarlo in un battere di ciglia, uno dei tuoi, così improvviso e incolpevole; ed io – sta' tranquilla, so bene qual è il mio compito – io provvederei più tardi, solo più tardi, ad assegnargli un ritmo.
A volte capita, ammettilo. Si intinge a turno il tozzo di pane, si riporta alla bocca lo stesso identico sapore, lo stesso bollore amarognolo screziato di vino; e si riesce a dire: “noi”, proprio come l'ho scritto, depurato di qualunque scoria. E anche quando la traiettoria fallisce, quando la goccia cade densa sulla tovaglia, quando ti chiedo scusa ridendo, ecco: è proprio allora che il tempo assume il suo assetto sghembo, rivela il suo asse piegato lungo la linea del moto.
(Se sorridi ti cresce sotto le ciglia qualcosa – e non ho capito ancora se sia un'ombra o un indizio di chiarore, ma lo amo così, al di sopra delle domande, come amo gli spigoli e le curve del tuo cuore, quando si illuminano all'improvviso nel bel mezzo di un silenzio).
Pensaci, però. Quanto poco ci vorrebbe perché la dolcezza trabocchi in ustione? Quanto a lungo riusciresti a domare il respiro? Ti vedo sempre gettata nella corsa, qualche metro in avanti, in equilibrio sul lato interno della luce.
Ogni terzo passo può incontrare il vuoto. Ogni parola non è quella che avevi calcolato. Ogni gesto splende quando si fa docile al caso.
Per esempio. Ho voluto fotografare il fiume, lasciando fuori campo i tuoi occhi che lo guardavano. Così soltanto io posso aggiungere il dettaglio, quello davvero essenziale a completare l'immagine.
Per esempio. L'odore dei tuoi polsi è comparso stamattina e io non mi sono chiesto il perché. L'ho accettato.

venerdì 14 novembre 2014

cronache familiari: falsi ipocoristici

- Mamma, la Fedelica pecché si tiene?
- Eh?
- La Fedelica pecché si tiene?
- La Federica si tiene cosa?
- NO!!! La Fedelica! Pecché la tieni?
- Ma quale Federica?
- QUELLA!!! [indica la fede al dito della mamma]

giovedì 13 novembre 2014

pomeriggio creativo: 12 novembre 2014

 Eli, "La ballerina Maria Lavinia"

 Lorenzo, "La città"

 Lorenzo, "La foresta"

Lorenzo, "Lori e il papà a tavola"

mercoledì 12 novembre 2014

il blues delle pompe antincendio




'Round Midnight

Quella strada dove la mezzanotte
è rotonda, la luna piatta
& blu, dove fanno assoli le pompe anticendio
& si aggirano certi jazzofili e osservano
è il mondo di Monk

Quando l'ho visto l'ultima volta, girandomi
esaltato da un 78giri, ringhiando
un paesaggio di funk strafatto

Quando gli ho parlato l'ultima volta, uscendo
dal Vanguard, mi ha aggiurnato sui
miei stessi segreti, come Nat
ha afferrato i numeri & le lettere
che soffiano attraverso l'erba
iniziali e invocazioni del passato

A tutte le domande che gli ho rivolto Monk ha
risposto inizialmente
con un basco in testa. Perché
un gran sacerdote ci stava fissando
Perché i tasti neri erano importanti. E chi era
avvolto nella comune magia
come una strada svuotata i ogni cosa
tranne che di strani uccelli

L'ultima volta che Monk ha sorriso io ho letto
il diario del pianoforte. Quelle dita
in cui collezionava i tuoi sentimenti
La misura segnata con un cerchietto per sottolineare
La risata anonima di fumo
& manifesti

Monk portava con sé equazioni che ti ballava in faccia.
"Che succede?" Dicevamo, mentre lui si lanciava & roteava. "Che succede?"

"Tutto. Sempre.

Ad ogni infinitesima frazione
di secondo".

Come una porta, che aveva aperto, senza scomparire
eppure restando un profilo distante
di rivelazione confidenziale.

Ehi, dico! Adesso Trane piaceva proprio a monk
senza un chaser da bere fino all'ultima
goccia. & Trane avvistato all'altezza del sesto o settimo
pianeta della

Theloniousfera.

Dove le pompe antincendio urlavano i blues
& la notte aveva una bocca lucente
& scacciava robe volanti.

(Amiri Baraka)

cronache familiari: proprietà privata

"Eli, sei contenta che vai al concerto con papà?"
"Sì, perché oggi pomeriggio il papà è TUTTO MIO!!"

martedì 11 novembre 2014

far incontrare gli amici...

...è sempre una bella soddisfazione.
Un'intervista ad Antonio Lillo sul blog PoesiaBar, di Barbara Bracci.

lunedì 10 novembre 2014

consigli di lettura

Una mia poesia su "Umbria Noise" n. 27 (ottobre 2014), pag. 32.
In lettura gratuita online qui.

(Grazie a Barbara Bracci.)

domenica 9 novembre 2014

lampi - 258



Dovrei smetterla di prendermi sul serio.

carenze

"Può un uomo ammalarsi per carenza di Plutarco, o morire per insufficienza di Platone? Non posso negarlo. Io stesso ho visto i risultati della brusca sottrazione inflitta a un patito di Strindberg.
Il passato è una parte necessaria di noi, e toglierci quella parte significa mutilarci in modo irreparabile. Conosco un uomo che ha trovato il coraggio solo dopo che gli avevamo parlato di Epaminonda, e una donna diventata bella solo dopo aver sentito parlare di Afrodite."

(Robert Sheckley, "Lo mnemone", da Giardiniere di uomini, 1971)

sabato 8 novembre 2014

in sospeso

"Ho fatto caso, nei miei viaggi, che la vita è precisamente questo: rimanere in sospeso. Morale: godetevi tutto, intanto che siete in sospeso, perché rimanere in sospeso è la sola cosa che riuscirete a fare."

(Robert Sheckley)

venerdì 7 novembre 2014

pomeriggio creativo (5 novembre 2014)

Acquerelli in libertà...


Elena

Bigliettino

I coriandoli

Il drago

Il fantasma di Halloween

Il giardino

Il pupazzo di neve che si scioglie sotto la pioggia

* * *

Lorenzo 

Il giardino con la mia bicicletta

La pioggia

Il mare di notte

Il mare quando c'è la pioggia

giovedì 6 novembre 2014

gli ospiti

Ci sono territori interiori che uno ignora di possedere e che scopre solo grazie all'arte. A me succede spesso con Leonard Cohen.
Un mio amico diceva che Cohen ti fa venire nostalgia di cose che non hai mai conosciuto.


(E grazie a Greta che mi ha fatto conoscere questa.)




Uno ad uno arrivano gli ospiti
Gli ospiti si fanno avanti
I tanti dal cuore aperto
I pochi dal cuore spezzato

E nessuno sa dove stia andando la notte
E nessuno sa dove stia scorrendo il vino
Oh amore ho bisogno di te
Ho bisogno di te adesso.

E quelli che danzano iniziano a danzare
Quelli che piangono iniziano
E “benvenuti, benvenuti” grida una voce
“lasciate entrare i miei ospiti”

E nessuno sa...

E tutti se ne vanno inciampando per quella casa
In solitaria segretezza
Dicendo “rivèlati”
O “perché mi hai abbandonato?”

E nessuno sa...

E all'improvviso splendono le torce
La porta interna si spalanca
E uno ad uno vi entrano
In ogni stile di passione

E nessuno sa...

E qui prendono il loro dolce pasto
Mentre la casa e il terreno si dissolvono
E uno ad uno gli ospiti sono gettati
Al di là del muro del giardino

E nessuno sa...

Quelli che danzano iniziano a danzare
Quelli che piangono iniziano
Quelli che sinceramente sono persi
Sono persi e persi ancora

E nessuno sa...

Uno ad uno arrivano gli ospiti
Gli ospiti si fanno avanti
I tanti dal cuore aperto
I pochi dal cuore spezzato

E nessuno sa...

mercoledì 5 novembre 2014

cronache familiari: piccoli musicologi crescono

Elena, 7 anni, ascoltando la cadenza di Louis Armstrong su "West End Blues":
"Papà, ma somiglia a quella degli Aristogatti!"

martedì 4 novembre 2014

lampi - 257



Ogni poesia è dedicata sempre a sé stessi.

(Ma vallo a spiegare alle donne. Le muse sono suscettibili.)

lunedì 3 novembre 2014

cronache familiari: assolutissimamente

"No, Eli, non ti mettono i giocattoli cotì. E' TIEVATO! E' PIOIBBITO!!"

domenica 2 novembre 2014

cronache familiari: gourmet

- Allora, Lorenzo, possiamo fare i biscotti al cacao, alla vaniglia, allo zenzero o alla crema. Tu come vuoi farli?
- ALLA PUZZETTA!!!

sabato 1 novembre 2014

morto per insufficienza di prove

Dunque.
Chi ha percosso a morte Stefano Cucchi è innocente.
I medici che non gli hanno prestato soccorso sono innocenti.
Chi ha esultato e fatto gestacci alla notizia della sentenza non è da condannare.
L'unico che va condannato è il morto, perché non ha fatto una vita sana. Era "un dissoluto", si legge; e questo - sembra di capire - basta per addossargli tutte le responsabilità.

Dovendo fare un bilancio di questa orribile storia.
Da una parte ci sono i giudici che hanno emesso la sentenza, i poliziotti che hanno picchiato, i medici che sono venuti meno al proprio dovere, i loro colleghi che esprimono solidarietà agli imputati e disprezzo verso la vittima.
Dall'altra parte c'è una famiglia che aspetta di sapere la verità e una sorella che commenta: "Credo ancora che lo Stato possa fare giustizia".
Se bisogna scegliere da che parte stare, io non ho dubbi.

survival of the fittest

E con questo direi che senz'altro
mi sono giocato quel poco di karma
che rimaneva immacolato.
Sta gocciolando lungo le celle
del nido – mentre il ronzio
delle ali si abbassa di tono
e l'ultima vespa si sporge a ricevere
in pieno la nuova irrorazione.
Non resta che staccare il picciolo
consegnare le larve allo smaltimento
senza conati di pietà fuori luogo.