mercoledì 18 giugno 2014

riscritture

Negli ultimi tempi, sono ossessionato dalla metrica. Sto cercando di crearmi una gabbia ritmica abbastanza rigida da soddisfare la mia esigenza d'ordine, e allos tesso tempo abbastanza flessibile da permettermi una certa agilità di movimento.
Questo era un primo tentativo, in cui i paletti erano troppo visibili. Qui sotto ne trovate un secondo.

Perché la terra è nuda: sento ancora il sapore
(di certo era d'estate) l'erba tutta schiacciata
fra i sassi e le cicorie gusci secchi di chiocciole.
Non c'era niente di umido fra i denti e la trachea
l'aria piena di spigoli. Ho tenuto il catalogo:
corno rotto di bue; cranio di cane (o volpe?);
coccio di vaso (dauno?); bossolo (rosso) vuoto;
coda mozza di lepre. Niente di vivo o morbido
usciva allo scoperto – tutto era geometria.
C'era anche un po' di vento: serviva a ripulire
serviva a prepararsi alla pietra e alla polvere.

2 commenti:

  1. Era meglio l'altra versione. Qui traluce la precedente organizzazione in strofe, senza adattarsi (mentre là era funzionale al discorso).
    Inoltre, mi pare, il ritmo di ciò che dici è veloce, più adatto al breve settenario che al lungo alessandrino

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  2. è che ho una certa repulsione per i ritmi spezzati e scanditi (che mi sanno tanto di strofette arcadiche o di inni risorgimentali), mentre in genere preferisco il verso lungo.
    stesso discorso per la divisione in strofe: preferisco il ritmo fluido a quello spezzato.

    comunque sono esperimenti, e si sente. non credo li pubblicherò mai, sono sostanzialmente esercizi per me stesso.

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