giovedì 29 novembre 2012

è la scuola ad abbattere lo spread


Questa è la lettera che gli insegnanti del Liceo in cui lavoro stanno inviando ai genitori dei propri studenti per invitarli a sostenere la battaglia della scuola in difesa dell’istruzione pubblica.


Caro genitore,

il motivo per cui abbiamo deciso di metterci in agitazione è che vogliamo lottare contro lo spread. Anzi contro gli spread. Lo spread più famoso in Italia è la differenza tra il rendimento dei titoli di stato italiani e quelli tedeschi, cioè quelli più virtuosi d’Europa, ed è espresso in punti base (ogni punto percentuale vale cento punti base). Quello che a 450 punti cadono i governi.
Ecco gli spread contro i quali noi vorremmo combattere (mentre il governo sembra non volerlo fare).

Primo spread: la dispersione scolastica (cioè quanti tra i 24 e i 64 anni hanno come massimo titolo di studio la licenza media). 3720 punti. Questa è la differenza tra il paese più virtuoso d’Europa, la Lituania, e l’Italia. In Italia il 45,2% delle persone tra 24 e 64 anni ha soltanto la terza media, in Lituania l’8%. Ovviamente “bassi livelli di istruzione espongono le persone adulte a una minore inclusione nel mercato del lavoro e riducono le probabilità di accesso ai programmi di formazione continua nel corso della vita”, come dice il rapporto ISTAT del 2012. Cioè in parole povere fanno guadagnare di meno nel corso della vita.

Problema
Per contrastare la dispersione scolastica è meglio assegnare più classi agli insegnanti (e farli lavorare di meno per ogni singolo studente), oppure meno classi (e farli lavorare di più per ogni singolo studente, in particolare, per esempio, per quelli a rischio dispersione)?

Secondo spread: gli insegnanti giovani. 630 punti. Il paese più virtuoso d’Europa è la Spagna con il 6,8% di insegnanti che hanno meno di 30 anni. In Italia quelli sotto ai 30 anni sono lo 0,5%.

Domanda
È meglio avere un po’ di insegnanti giovani o no?

Problema
Per avere insegnanti giovani è più logico aumentare il numero di classi assegnate ai singoli insegnanti o no? (Se si passa da 5 a 8 classi di media, circa un terzo dei giovani che aspirano a diventare insegnanti devono rimanere a casa)

Terzo spread: stipendio degli insegnanti. 6.107 punti (differenza tra Lussemburgo e Italia – no comment).

Quarto spread: rapporto tra PIL e spesa per l’istruzione. 320 punti (e l’azione del governo Berlusconi, delineata nel Documento Economico Finanziario 2011-2014 e confermata dall’amministrazione attuale, punta non a ridurre questo spread, ma a portarlo a 480 nel 2030). Il paese più virtuoso, la Danimarca, investe l’8% del suo PIL, mentre l’Italia ne investe attualmente il 4,8 e programma una riduzione progressiva, fino al 3,2%, nei venti anni a venire.

Problema
Perché l’OCSE (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico) segnala come “elemento di preoccupazione l’infimo livello di spesa dello Stato italiano per l’istruzione”?

Quinto spread: incremento dell’investimento in istruzione durante la crisi economica. 2900 punti (almeno). Questa è la distanza abissale tra l’incremento medio europeo di investimento nell’istruzione, 33%, e quello italiano, 4%.

Domanda
È un buon risparmio in tempi di crisi quello di spendere meno per la formazione delle giovani generazioni?

Problema
Se la crisi italiana è soprattutto nel differenziale fra la crescita del Bel paese e quella media europea, si esce più facilmente dalla crisi risparmiando i soldi sulla formazione dei giovani o investendoci?

Caro genitore, ti chiediamo dunque il tuo appoggio per rafforzare le nostre richieste all’amministrazione.
Non chiediamo di lavorare di meno, ma di lavorare meglio.
Non più ore di cattedra, ma più ore di lavoro di équipe (magari riconosciute) per adeguare l’insegnamento ai bisogni speciali di ogni studente, più lavoro di community per mettere in rete locale e globale le esperienze di didattica e formazione, più lavoro di approfondimento per aggiornare e rendere interessante la proposta culturale da fornire agli studenti.

Per fare una scuola più forte e importante. Proprio perché siamo in tempi di crisi.

mercoledì 28 novembre 2012

e mo' basta, eh?










I prof sono soli.
La mattina, entrano in classi, nelle quali li aspettano, stipati, fino a venticinque, trenta alunni. Sono classi brutte: fredde d’inverno, calde d’estate, non ben illuminate, con la vernice che si scrosta, le tapparelle che cadono, le pareti nude, oppure coperte da carte geografiche che raffigurano ancora stati come la Cecoslovacchia o l’Unione Sovietica. In quelle classi, ogni mattina i prof cercano di motivare e coinvolgere ragazzi che perlopiù vorrebbero essere altrove.
Sono soli quando escono dalla classe, corrono in quella successiva, oppure vanno a ricevere i genitori, senza avere il tempo di incontrare i colleghi, parlarsi, discutere di didattica, di bisogni degli alunni, di strategie per migliorare l’insegnamento.
Sono soli quando il pomeriggio, a casa, senza che nessuno li veda, correggono pile di compiti, spulciano libri in cerca di spunti per la lezione del giorno dopo, o scrivono programmazioni che, già lo sanno, finiranno a prendere polvere negli schedari.
Sono soli anche durante i consigli di classe: ognuno solo con il proprio registro, nel quale i ragazzi si trasformano in file di nomi, numeri, giorni di assenze, note disciplinari.
I docenti, per la maggior parte, credono in ciò che fanno: altrimenti non lavorerebbero per una retribuzione che riconosce loro soltanto una minima parte del lavoro necessario perché le ore di insegnamento siano realmente efficaci. Un lavoro che parte ai primi di settembre e va avanti sino a fine giugno, o sino a metà luglio con gli esami.
Un lavoro per la maggior parte non pagato, o pagato male: volontariato, se vogliamo dirlo in maniera gentile.
I docenti sono quelli che, nell’opinione comune, “lavorano tre ore la mattina e hanno tre mesi di ferie l’estate”. Quelli soggetti a una disistima sociale generalizzata. Quelli che, secondo le recenti dichiarazioni del Presidente Monti, “difendono interessi corporativi” e “usano i ragazzi come scudi” per “evitare di lavorare due ore in più”.
I docenti, a questo punto, si sarebbero anche un po’ stufati.

Ci chiediamo, noi docenti, se l’opinione pubblica si sia accorta del feroce attacco alla scuola, quella pubblica, che è in atto da almeno un decennio, da parte dei governi di qualunque colore politico.
Lo Stato italiano, lo sanno tutti, non ha mai brillato per attenzione alla cultura; è stato anzi il Ministro dell’Economia di uno dei recenti governi ad affermare che “la cultura non si mangia”: e sorvoliamo sulla grottesca paradossalità di un’affermazione del genere, in un paese che conserva più di metà del patrimonio artistico mondiale.
Negli ultimi anni, la scuola ha subito tagli ai finanziamenti pubblici pari al venti per cento annuo, a fronte di aiuti sempre più consistenti alle scuole private. I docenti hanno assistito alla perdita del potere d’acquisto dei propri stipendi e il blocco degli aumenti legati agli scatti d’anzianità. Si sono visti calare sulla testa “riforme” (quella Gelmini è solo la più tristemente famosa) che hanno compromesso la loro possibilità di svolgere la propria missione: costruire il sapere, far crescere le menti e le coscienze. Li si vorrebbe sempre più ridotti a ripetitori di nozioni, esecutori di programmi, somministratori di test a scelta multipla (i famigerati test Invalsi, ultima frontiera dell’omologazione cognitiva).
Ascoltano i ministri parlare di informatica, di lavagne multimediali, di tablet, di didattica via internet, ma sanno che gran parte delle scuole dispone a malapena di una connessione e di pochi computer vecchi e mal funzionanti.
Chi ha pagato di più queste politiche sono stati i più deboli: insegnanti precari, alunni con disabilità, oltre ovviamente a tutti quei ragazzi che, avendo difficoltà scolastiche, avrebbero bisogno di una maggior cura da parte dei docenti. Cura che non è più possibile fornire, affogati come siamo in classi da trenta persone.
Stando alle notizie (poche e confuse) arrivate dal Ministero, le ultime misure di legge dovrebbero prevedere un’ulteriore decurtazione di risorse pari al venti per cento, che equivale a dare un altro giro di vite al già esiguo flusso di ossigeno, che ancora prolunga l’agonia della scuola.
Il governo ha promesso, da una parte, che saranno ripristinati gli scatti d’anzianità, dall’altra ha deciso che i soldi saranno sottratti dal Fondo d’Istituto, ossia da quelle risorse che dovrebbero migliorare l’offerta formativa delle scuole. Insomma, dare con una mano per togliere con l’altra.
Il ventilato aumento delle ore di insegnamento da diciotto a ventiquattro (a quanto pare rientrato: ma non si sa mai) sarebbe stato solo l’ultimo di questi schiaffi. Non solo perché aumentare l’orario, senza aumentare lo stipendio, sarebbe suonato come un insulto a chi percepisce già stipendi fra i più bassi d’Europa. Ma anche perché sei ore in più (sei, presidente Monti!) avrebbero significato due o tre classi in più per insegnante, quindi cinquanta, settanta, novanta alunni in più da seguire, alunni che sono persone, ognuna con i propri bisogni e i propri diritti, e non nomi su un registro, quindi un aumento esponenziale del lavoro – ricordiamolo, non pagato – necessario per preparare le lezioni. Ciliegina sulla torta, quelle due o tre classi in più, assegnate ad ogni docente, sarebbero state sottratte a giovani colleghi, messi così a rischio di perdere il posto.
I docenti, a questo punto, dicono: basta!

Non si migliora la didattica restando in classe due ore in più, come sembra credere il professor Monti. Si migliora la didattica restituendo ossigeno alla scuola.

In fondo, gli insegnanti non chiedono molto.
Il rispetto della loro dignità di lavoratori e una retribuzione che tenga conto del lavoro realmente svolto e della sua qualità.
L’opportunità di esercitare l’insegnamento in una scuola pubblica, uguale per tutti, improntata a criteri di equità e di democrazia.
La possibilità di professionalizzarsi attraverso corsi d’aggiornamento seri, frequenti e soprattutto efficaci.
Un’edilizia scolastica fatta di scuole dignitose, sicure, possibilmente attrezzate secondo standard d’efficienza europei.
Per ottenere tutto ciò, serve che il Governo torni ad erogare fondi alla scuola, e non più a tagliarne. Serve il ritorno a una politica che veda la scuola come un’occasione per il futuro, e non come un tronco marcio da potare fino a rinsecchirlo.
Lo dobbiamo, se non a noi stessi, almeno ai nostri figli.

I docenti del Liceo "A. Pieralli" di Perugia


martedì 27 novembre 2012

happy birthday, jimi



Dall'alto dei cieli

Voglio solo parlarti
Non ti farò alcun male
Voglio solo sapere delle diverse vite
Di voi che siete in questa fattoria umana
Ho sentito che alcuni di voi hanno famiglie
Vivono in gabbie alte e fredde
E alcuni non fanno che starsene lì e prendere polvere
Fin oltre la vecchiaia
E' vero?
Per favore parliamone

Voglio solo sapere qualcosa
Delle stanze dietro le vostre menti
Ci vedo un vuoto lì dentro
O sto diventando cieco?
Oppure sono residui di vibrazioni
Ed echi spariti da tempo?
Cose come "Ama il mondo"
E "Lascia correre la tua immaginazione".
E' vero?
Per favore parliamone.

Ho già vissuto qui prima
I giorni del ghiaccio
E naturalmente è per questo
Che mi interessa tanto
E sono tornato per trovare
Le stelle fuori posto
E l'odore di un mondo
Bruciato

(Oh beh forse
Forse è solo un cambio di clima
Beh, mi piace, tesoro, voglio solo vedere)

Dove compro il biglietto?
Mi piacerebbe un posto in tribuna
Voglio sapere della nuova Madre Terra
Voglio sentire e vedere tutto

(Oh accidenti
Se mio padre mi vedesse ora)



lunedì 26 novembre 2012

bollettino



Le vertebre cervicali sono più precise di un barometro
la settimana che sta per iniziare porterà un deciso cambio di stagione
i segni premonitori sono già sotto gli occhi di tutti
opere meravigliose popolano il crepuscolo
mi azzardo anzi a dire che il cambiamento
interesserà i prossimi giorni le prossime ore
forse già domani non avremo più bisogno di difenderci dal respiro
getteremo via le protesi dalle palpebre gridando: Effatà
avverrà presto
ne ho le prove
le prove certissime

domenica 25 novembre 2012

il vero e il niente



"L’artista deve essere vero, a costo di essere quasi niente.”
 (Giorgio Bassani)

venerdì 23 novembre 2012

remain in light


(clicca sulla foto per ascoltare la colonna sonora)

mercoledì 21 novembre 2012

under der linden



Sotto quel tiglio
lì nei campi,
là per noi due c'era un letto,
e lì potete
ben vedere
spezzati i fiori e l'erba.
Presso il bosco, in una valle,
trallallallero,
dolce cantava l'usignolo.

Io me ne venni
fino al prato:
lì giunto era il mio amico.
Come fui accolta,
nobile dama,
mi fa felice sempre più.
Se mi baciò? Ma mille volte!
Trallallallero,
guardate se è rossa la mia bocca.

Egli aveva preparato
splendido
di fiori un giaciglio.
Ancora ne riderà
fra sé e sé
se passa qualcuno per quel sentiero.
Tra le rose potrà capire,
trallallallero,
dov'era posata la mia testa.

Che egli giacque insieme a me,
nessuno lo sappia!
Dio non voglia! Vergogna su di me!
E come mi ha amato
mai nessuno
lo scoprirà, tranne lui ed io,
e un piccolo uccellino,
trallallallero,
che certo mi sarà fedele.

Walter von der Vogelweide (1179-1230 circa)


martedì 20 novembre 2012

quattro poesie (erotiche?) di Toti Scialoja



Ripassata al tegame
l’ostia santa si scioglie
in rivoli di sangue
dolciastro oltre la soglia.

Ma i capelli a raggiera
dissero la mia sorte
se un’ascella leggera
è intingolo di morte.

*

Deposita Calipso
i suoi slip sulla sponda
del letto – quasi un lapsus
dopo una pausa – spende

un sorriso sull’esito
prevedibile in tali
sperperi – affida all’alito
la collana di opali.

*

Affiorano sull’anca
i segni dell’elastico
se sfila la filanca
col più magro dei gesti.

Luccica nero il crine
ricciuto – a un tratto estraneo –
quando amore s’incrina
nel suo cranio di cane.

*

Siede irritata e ride
sul bordo della vasca
un pesce a scaglie d’iride
affondando s’offusca.

Con la mano nell’acqua
inargenta le unghie
chi era in visita tacque
e si morse la lingua.

(da "Scarse serpi", Guanda 1983)

(nell'immagine: Saul Steinberg, Girl in bathtub, 1949)

lunedì 19 novembre 2012

al passo con i tempi



"Sai come si dice? Non ti curar di lui, ma guarda e passa."
"Prof, questa l'ha presa da FaceBook, vero?"

(riportata da un collega)

sabato 17 novembre 2012

anch'io: e ho 40 anni di meno



"Scrivere è avere torto tutto il tempo. Le nostre bozze raccontano la storia dei nostri fallimenti. Non ho più l'energia della frustrazione, non ho più la forza di affrontarla. Scrivere è frustrante: si passa il tempo a buttar giù parole sbagliate, frasi sbagliate, storie sbagliate. Ci si sbaglia in continuazione, si fallisce continuamente e si vive in una frustrazione perpetua. Si passa il tempo a dirsi: questo non funziona, devo ricominciare. Sono stanco di questo lavoro."

(Philip Roth: da qui)

venerdì 16 novembre 2012

lampi - 191


E pensare che la scuola, di per sé, sarebbe una meravigliosa macchina celibe.

mercoledì 14 novembre 2012

la scuola non si tocca (ovvero: di privatizzazioni, del DDL ex-Aprea e di altre porcate sconosciute ai più)


Oggi, la scuola era in piazza. E sabato 24 ci sarà un altro sciopero.
Oggi è finita a manganellate, tanto per cambiare: ma almeno, speriamo, qualcuno si è accorto della protesta.
Non sono sicuro, invece che tutti ne abbiano capito le vere ragioni.
Ed è quello che cercherò di spiegare in questo post.

Tutti, più o meno, hanno sentito parlare del tentativo di innalzare l'orario di insegnamento da 18 a 24 ore, e delle proteste dei docenti (proteste che sono state fatte passare per un "non ci va di lavorare qualche ora in più": quando invece il problema è che 6 ore in più - senza considerare che sarebbero state imposte senza contrattazione sindacale e senza aumento di stipendio - avrebbero significato 2-3 classi in più per insegnante, quindi moltiplicazione esponenziale degli alunni da seguire, delle lezioni da preparare, dei compiti da correggere, dei consigli di classe, dei colloqui con i genitori, con conseguente scadimento della qualità dell'insegnamento, oltre ovviamente al fatto che sarebbero tutti posti in meno per i precari; nella mia scuola, ad esempio, se passasse la legge almeno 6 professori di lettere perderebbero il posto).

Tutti, più o meno, hanno seguito le vicende dei precari, del tirocinio (o TFA, tanto per coniare un'altra sigla inutile), del mega-concorsone, e le relative agitazioni di coloro che, avendo già passato (almeno) un altro concorso e accumulato anni di supplenze, si sentono un po' presi in giro di fronte a queste nuove batterie di selezioni imposte dall'alto.

Tutti, più o meno, sanno dei tagli alla scuola (quest'anno tanto per dire, i fondi destinati agli istituti saranno ridotti del 20%; e i docenti appena entrati in ruolo avranno lo stipendio fermo per 7, e dico sette, anni; e gli scatti d'anzianità - ossia l'unico modo per i docenti di salire in graduatoria e in stipendio - sono già bloccati da un bel pezzo).

Tutti, più o meno, sanno che le province hanno minacciato di far chiudere le scuole perché non hanno soldi per pagare i riscaldamenti (però ce li hanno per pagare personale nullafacente, ma lasciamo perdere).

Però mi piacerebbe sapere quanti, fra i lettori di questo blog, sanno che sta per passare una delle più grandi porcherie degli ultimi 50 anni.
Sapete che stanno cercando di azzerare la scuola pubblica, di privatizzarla, aziendalizzarla? Sapete che rischiamo di trovarci come in America, con le scuole di serie A (per i figli ricchi, destinati a un avvenire da ricchi e potenti) e quelle di serie B (per poveri, che rimarranno poveri)?
Si chiama DDL 953, ma avevano già tentato di farlo passare qualche anno fa, con il nome di "legge Aprea".
Riporto di seguito alcuni brani di un articolo che spiega di che cosa si tratta (qui il testo integrale):

Se passasse questo disegno di legge anche al Senato ciascuna scuola potrebbe decidere autonomamente il proprio statuto senza un Regolamento Nazionale. E questo va contro l’impostazione dei Padri Costituenti che hanno sempre voluto salvaguardare l’unitarietà del sistema scolastico nazionale, in quanto “organo costituzionale “ per dirla con Calamandrei. Per essere ancora più esplicito sarebbe un passaggio dall’autonomia all’anarchia. Anzi di più, sarebbe una atomizzazione del sistema che favorirebbe una concezione mercantile della scuola, ovvero tante scuole autonome in concorrenza tra loro, con il risultato di favorire quelle più appetibili per il mercato. Dunque scuole di serie A e scuole di serie B.
Ricordate l’abolizione del valore legale del titolo di studio? Ebbene va nella stessa direzione.
Ricordate la chiamata diretta dei presidi? Anch’essa sarebbe andata nella direzione dello smantellamento del sistema nazionale di istruzione [...].

La seconda contestazione è strettamente legata alla prima e riguarda l’avvio di un processo di privatizzazione attraverso la presenza di esterni sia nel nuovo Consiglio dell’autonomia, sia addirittura nello stesso Comitato di Valutazione. Tale scelta, se confermata, snaturerebbe i compiti istituzionali della Scuola della Costituzione. [...]

Noi vediamo come pericolosa l’introduzione di questa validazione del sistema di valutazione che dipenderebbe direttamente dall’Invalsi e dunque dall’Esecutivo. Un sistema di valutazione che, non a caso, è stato a ragione contestato e messo in discussione dai collegi docenti di tutta Italia.
In più vediamo nel trasferimento di poteri ai dirigenti scolastici una limitazione della normale dialettica democratica.
Per tutti queste considerazioni pensiamo che valga la pena di battersi affinchè i valori della vita democratica vadano comunque e sempre difesi e salvaguardati.
Per dirla con uno slogan vogliamo con questo Appello impedire che si passi dalla Scuola della Costituzione alla Scuola Aziendale.

Tutto ciò - che, ribadisco, è incostituzionale - sta passando con un DDL (questo, se avete voglia di leggervi il testo), senza che ne sia stata informata l'opinione pubblica, e senza alcuna contrattazione con i diretti interessati: vale a dire gli insegnanti e, soprattutto, gli alunni.

Qui non si tratta più delle ore di insegnamento dei docenti, né del futuro di qualche decina di migliaia di precari o di neo-laureati.
Qui si tratta di decidere se vogliamo mantenere un sistema educativo in cui la scuola è pubblica e uguale e libera per tutti, oppure no.
Lo dico in modo ancora più chiaro: si tratta del futuro del Paese.
Vi sembra poco?


P.S.: A titolo di esempio, e per far capire che non si tratta di parole, ma di fatti: nella mia scuola tutte le attività extracurriculari non obbligatorie (quindi: uscite didattiche, gite, viaggi vari, progetti di qualunque tipo, colloqui mattutini con i genitori) sono sospese fino a nuovo ordine. Anche quelle per cui le famiglie avevano già pagato, ad esempio le gite all'estero. Se volete saperne di più, guardate qui e qui.
Lo so, è dura: ma speriamo che così qualcuno se ne accorga. Per la prima volta, ho visto i docenti votare compatti (o quasi); ho visto colleghi di solito pacifici e acquiescienti sbroccare: non ci si può far mettere i piedi in testa troppo a lungo.
E speriamo, soprattutto, che non passi il solito messaggio: "i docenti protestano perché non vogliono lavorare".
Sennò, stavolta giuro che m'incazzo io.

sabato 10 novembre 2012

parliamo di me


Giovedì prossimo, 15 novembre, dalle 16,30 in poi, sarò ospite della Biblioteca Comunale di Terni (piazza della Repubblica, 1) per un ciclo di incontri che si chiama "Il mese della poesia". Qui qualche informazione e  qui il programma dettagliato.
Si entra a gràtisse, si legge poesia e si ascolta musica. Chi si trovi da quelle parti è il benvenuto

mercoledì 7 novembre 2012

lampi - 191


Guardarsi allo specchio e scoprirsi estremisti.
Sono i piccoli piaceri della vita.

lunedì 5 novembre 2012

lampi - 190


Nessuna logica sarà mai più forte di un luogo comune.

domenica 4 novembre 2012

...if it ain't got that swing



Swinging – yeah. [...] It’s got to do with the pulse in your playing. It’s got to do with the fact that you play in such a rhythmic way – and I’m not talking about whether you rush or drag. I’m talking about if you play a stream of eighth notes, that you play it in such a way that your time is so flawless that you wouldn’t need a bass or drum for someone to sense what the tempo is. It’s got such clarity and it’s so articulated that without any rhythm instrument there, you definitely hear what the tempo is. Whereas with a lot of people, they don’t play evenly. They don’t play that way, so without a bass or drummer, the tempo is not clearly stated. 

Già, swingare. Ha a che fare con il modo in cui scandisci la pulsazione. Ha a che fare con il fatto che suoni in maniera ritmica: e non parlo di tirare avanti o indietro. Parlo di quando suoni una sequenza di crome, e le suoni in modo che il tuo senso ritmico sia così perfetto da non aver bisogno di un contrabbasso o una batteria perché l'ascoltatore percepisca qual è il tempo. Ha una tale chiarezza ed è così ben articolato che, senza alcuno strumento ritmico, senti subito qual è il tempo. Mentre un sacco di persone non suonano in maniera uniforme. Non suonano in quel modo, perciò senza un contrabbasso o un batterista, il tempo non è scandito chiaramente.

Barney Kessel (da qui)

sabato 3 novembre 2012

"parlare oscuramente lo sa fare ognuno, ma chiaro pochissimi"



L'aforisma nel titolo è di Galileo Galilei, ed ha sempre rappresentato per me un faro insostituibile.
Sulla necessità o meno della chiarezza nella critica, è in corso una discussione tra me e un commentatore che si firma "Giggi Marluzzo". La trovate nei commenti a questo post.
Chi vuol intervenire è il benvenuto.


(nell'immagine: Eraclito, detto l'Oscuro; dalla "Scuola di Atene" di Raffaello)

venerdì 2 novembre 2012

autumn moods


Egon Schiele, Quattro alberi (1917)

(clicca qui per la colonna sonora)