
"Dopo aver avvicinato i politici, mi recai dai poeti, dai tragici come dai ditirambici o compositori d'altri generi, sicuro di trovare me più ignorante di loro. E pigliando in mano i loro poemi, quelli che mi sembravano meglio riusciti, chiedevo loro che me li spiegassero, anche allo scopo di potermi meglio istruire. Ebbene, o Ateniesi, ho vergogna di palesarvi la verità, ma è pur necessario che lo faccia: si verificava che intorno agli argomenti da loro trattati ne ragionavano molto meglio quelli che erano presenti che non gli stessi autori. Dovetti quindi concludere che i poeti non per sapienza poetavano, ma per disposizione naturale, quasi da Dio ispirati, come gli indovini e i profeti, i quali dicono cose molto belle, ma non sanno nulla di ciò che dicono. Ed è questo proprio ciò che accadde ai poeti. E mi dovetti accorgere anche che essi, sentendosi dotati di talento, finivano col reputarsi sapienti anche in altre cose senza che lo fossero affatto".
Platone, Apologia di Socrate, 1, VII
allora mi raccomando tu rimani nella tua beata ed ispirata ignoranza e scrivi ;)
RispondiEliminatu un pioeta lo sei nel cuore
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