Nicola Lagioia è mio quasi-conterraneo (barese) e quasi-coetaneo (due anni più vecchio). Il libro è ambientato nella Bari della sua adolescenza. Non posso, quindi, fare a meno di considerarlo un libro generazionale, un libro che contiene molto di me.
È il 1985, l'Italia è invasa dai miti reaganiani del benessere, dall'euforia dei soldi facili, dallo sbrilluccichio delle prime tv commerciali. Il protagonista-narratore ha quindici anni; suo padre è un parvenu, un commerciante che proviene da “una stirpe di senzaniente”, ma ora ha fatto i soldi e nutre ambizioni di rivalsa sociale.
Al liceo, il ragazzo lega con due amici: Giuseppe, che cerca nello sperpero l'espiazione dei soldi paterni, e Vincenzo, bello, elegante, fortunato con le donne, ma chiuso in una sua ombrosa incomunicabilità.
L'autore li segue nei loro vagabondaggi per una Bari divisa tra il cinico sfarzo delle zone residenziali e lo squallore putrescente del quartiere Japigia (“il più grande mercato di eroina a cielo aperto dell'Europa Meridionale”).
“Riportando tutto a casa” coglie quello strazio, quella disperazione violenta, grumosa, senza possibili vie d'uscita, che si può provare solo a quindici anni. E lo fa senza alcun cedimento elegiaco o sentimentale. I rapporti fra i ragazzi sono un nodo gordiano di amore, odio, amicizia, nichilismo, masochismo, disperazione, adorazione e tradimento.
Ma, raccontando la loro discesa dal lindo e asettico inferno del benessere borghese a un inferno molto più profondo e oscuro, il libro racconta anche lo spaventoso vuoto nascosto sotto i lustrini degli anni Ottanta: il “decennio assassinato a pochi istanti dalla nascita”, del quale Lagioia colleziona con puntiglio segni e memorie (canzoni, spettacoli televisivi, spot pubblicitari, marche di vestiti, avvenimenti di politica italiana e internazionale, lacerti di vita quotidiana); il decennio in cui ha avuto inizio molto di ciò che ancor oggi abbiamo intorno.
Peccato che il romanzo perda qualche colpo proprio nelle ultime pagine, dove la sottotraccia sociologico-criminale si complica un po' troppo e i personaggi finiscono per perdere di spessore.
Bel libro, comunque.
http://www.youtube.com/watch?v=TIqnCwLgdcE
qualcuno ha già scritto la recensione del libro che non è mai stato scritto ?
RispondiEliminati si legge così bene..
non so, ma la maggior parte dei recensori scrivono recensioni a libri che non hanno mai letto e che comunque non avrebbero mai dovuto essere scritti.
RispondiEliminastavo immaginando una raccolta di recensioni di libri mai esistiti
RispondiEliminabeh, buona parte dell'opera di borges è un commento a libri immaginari
RispondiEliminaMi hai interessato. Com'è la scrittura del romanzo?
RispondiEliminala scrittura secondo me è di buon livello. forse, qua e là, un po' tendente al concettoso, ma IMO meglio quello che certe cose da encefalogramma piatto che si leggono a volte.
RispondiEliminal'unica pecca, come ho detto, è che forse, nella seconda metà, al romanzo comincia a mancare un po' il fiato.
comunque mi sentirei di consigliarlo.
Borges, dunque. nihil novi sub sole. un giorno scoprirò che anch'io sono già esistita e vedrò i miei quadri accatastati in qualche soffitta abbandonata;
RispondiEliminacomprerò questo libro come regalo(per ora)
Gran bella recensione. Da pugliese, ormai barese, mi ha fatto venir voglia di andare alla Feltrinelli di Via Melo per prendermelo.
RispondiEliminaCiao Sergej!